I due si sono conosciuti a Firenze, durante una delle tante passeggiate che Carlo Adolfo faceva per andare a trovare suo padre Luigi Giorgio sepolto al cimitero degli Allori. Il padre del nostro protagonista era morto giovane, a 51 anni.
Console svizzero nello Stato Pontificio, proveniente da una nobile famiglia svizzera, Luigi Giorgio aveva fondato un istituto di credito nella capitale ma purtroppo, gli eventi del 1870 con la breccia di Porta Pia, che portò all’annessione della città al Regno d’Italia con conseguente fine dello Stato Pontificio, furono tragici anche per la sua famiglia. La confisca dei terreni che il console possedeva nello Stato della Chiesa da parte dello stato Italiano, in seguito alla vittoria del suo esercito e l’infausto esito della causa che intentò per essere risarcito, oltre all’inaspettato crollo della banca, dovuto alla sottrazione dei soldi ivi custoditi, durante i disordini dovuti alla sommossa, lo portarono alla morte prematura.
Carlo Adolfo, venuto a vivere a Firenze con la madre Emilie, fin da giovane era solito andare a piedi al cimitero dove riposava suo padre, passando dai lungarni, arrivando al ponte Santa Trinita e poi proseguendo verso il Poggio Imperiale. Emma studiava proprio al collegio del Poggio Imperiale.
Fu amore da parte di entrambi. Un amore che li portò a fare delle scelte ben precise. In disaccordo con le rispettive famiglie, paventando una fuga d’amore, alla fine convolarono a giuste nozze.
Carlo Adolfo era un artista, aveva frequentato la Scuola di Nudo delle Belle Arti di Firenze. I corsi erano liberi, perché i professori semplicemente sorvegliavano lo svolgimento dell’attività degli iscritti. Tra i professori di quegli anni possiamo citare Giuseppe Ciaranfi, Stefano Ussi, Augusto Rivalta e Giovanni Fattori.
Alcune delle opere del nostro pittore erano già state presentate ad alcune esposizioni, sia a Firenze che a Brera. Due suoi quadri stupendi, Autunno ed Idillio, li ho impressi nella mia mente come se li avessi davanti in questo momento. Idillio rappresenta la bellezza di una coppia che si guarda negli occhi passeggiando al tramonto lungo il Mugnone come se Carlo Adolfo avesse voluto imprimere sulla tela quel bellissimo momento che stava vivendo, per tramandarlo a noi.

Vi chiederete come mai tutto questo preambolo. Perché sto parlando di Carlo Adolfo e di Emma. Perché fanno parte di noi. Del nostro quartiere del Campo di Marte.
Carlo Adolfo, riscattando parte della sua eredità, scelse, infatti, di costruire il suo studio, appena fuori dalla città, in una zona ancora di campagna alla fine dell’ottocento. La via in cui sorge il loro villino si chiama Viale Militare, nel quartiere del Campo di Marte (inizialmente Carlo Adolfo aveva pensato di costruire in quel terreno il suo studio e solo successivamente diverrà il villino di famiglia). Originariamente era ad un piano, ma con l’arrivo del figlio Alfredo, Carlo Adolfo provvide ad aggiungere un altro piano allo stabile per potersi così trasferire lì con tutta la famiglia.
Nel 1907 una sua opera presentata all’esposizione delle Belle Arti di Firenze (Luce nel Chiostro), viene acquistata dal sovrano del Siam Paramindo Chulalonkorn, grande stimatore dell’arte simbolista italiana.
Di questo quadro, che dovrebbe trovarsi nella collezione reale del Sovrano, esiste una copia omonima rifatta dal nostro pittore, infatti era sofferente a dover vendere le sue opere, il nostro abitante del Campo di Marte. Non voleva separarsene. E aveva ragione.
Gli anni che precedono la Prima Guerra Mondiale vedono Carlo Adolfo e la sua famiglia vivere una vita normale, modesta si può dire.
Il nostro protagonista amava l’arte come strumento per appagare la sua anima, non come attività lavorativa fine a se stessa. Ma doveva allo stesso tempo mandare avanti una famiglia. Doveva portare il pane in tavola. Per colmare le necessità economiche, ricavava denaro dalla vendita di copie di opere d’arte del passato, che gli richiedevano gli antiquari e dalla produzione di ferri artistici su commissione.
L’arte per Carlo Adolfo era un qualcosa di mistico, che poteva manifestare la vera essenza di un uomo. Questo nelle sue opere si vede molto bene. Lui distingueva molto la creazione artistica da quella artigianale.
Posso assicurarvi che questa bellezza, questa essenza dell’uomo che si fonde con l’arte e diventa una cosa sola, io l’ho vista. Ho avuto l’onore di poterla vedere ed è stata un’esperienza bellissima che spero di ripetere e che auguro anche a voi. Per vederla, ho suonato il campanello di Viale dei Mille 14, sono stata accolta dalla pronipote di Carlo Adolfo in una villa bellissima, Casa Schlatter.
Tutti noi l’abbiamo vista, ci siamo passati e magari ci abbiamo buttato un occhio curioso e distratto sia sulla casa che sui guardiani, come li chiamo io: i due draghi in ferro battuto che si trovano sul tetto della casa. Guardiani e opere d’arte allo stesso tempo.
Alessandra mi ha accolto e mi ha fatto entrare in Casa Schlatter. L’ingresso mi ha colpito subito, sul muro sinistro, vedo Carlo Adolfo che ci guarda. Il suo autoritratto (fatto a 30 anni) ce lo mostra nel giardino sul retro della casa e sullo sfondo si vede Villa Martelli (nel viale Fanti). La casa/studio di Carlo Adolfo, fu il primo edificio costruito, alla fine dell’ottocento, nel viale Militare (oggi viale dei Mille). Non c’erano ancora infatti tutte le altre case che si vedono oggi sul retro.
Alla parete opposta, vedo un altro ritratto, quello di Emma Moni, la moglie di Carlo Adolfo, il titolo del quadro è Nuova Eva (dipinto nel 1900), in cui si vede Emma, con in mano delle mele e con gli occhi fissi verso il marito che la sta ritraendo.
Alessandra mi fa entrare nell’immenso salone della casa, stupendo. Alle pareti vedo i quadri e capisco subito quello che intendeva dire Carlo Adolfo quando sosteneva che l’arte non è un mercimonio, ma un’ esperienza mistica tra l’uomo e la sua essenza che in esso viene rappresentata. Alla destra della porta dell’ingresso, vedo un quadro grandissimo e meraviglioso. E’ Idillio, quello di cui vi ho parlato all’inizio del mio racconto. Vederlo mi provoca un’emozione grandissima, che deve essere la stessa che ha provato il pittore nel ritrarre una scena a lui familiare.
Sulla parete accanto un altro quadro richiama la mia attenzione, ritrae una scena di vita quotidiana, il cui titolo è La processione del Corpus Domini, dipinto tra il 1920 e il 1930, Alessandra mi spiega che Carlo Adolfo, diceva che aveva ritratto questa scena in via Centostelle.
L’arte non è un mercimonio, ma un’ esperienza mistica tra l’uomo e la sua essenza che in esso viene rappresentata.
Con Alessandra ci sediamo e parliamo di questo grande pittore sconosciuto ai più.
Il fatto che non sia conosciuto come altri del suo tempo, deriva anche dal fatto che Carlo Adolfo, come detto, non vendeva i suoi quadri, che quindi non sono mai circolati sul mercato, ma sono rimasti rinchiusi in questo luogo incantato .
Nel 1913 Schlatter fonda, insieme ad altri collaboratori, un’attività chiamata I Ferri Artistici di Colle Val d’Elsa, che basa la sua produzione su un brevetto da lui creato e nella quale egli compare come direttore artistico progettista.
Guardando i due draghi posti sul tetto di Casa Schlatter (esempio della sua produzione di ferri battuti artistici), appare evidente la sua ispirazione al passato, al gusto per il mostruoso, tipico del gotico e del romanico.
Alessandra continua il suo racconto spiegandomi quello che era Carlo Adolfo: la sua personalità e il suo avvicinamento alle idee teosofiche.
Una corrente che stava prendendo sempre più campo in Italia e nella Firenze dei primi del novecento, animata un gran fermento culturale, grazie alla Società Teosofica, fondata nei primi anni del secolo da Helena Petrovna Blavatsky, che la descrisse come la sintesi della scienza, della religione e della filosofia. Secondo i principi della teosofia, tutte le religioni deriverebbero da un’unica verità divina, tale verità sarebbe stata tramandata nel corso della storia attraverso una strettissima cerchia di iniziati, che ne avrebbero rivelato solo gli aspetti più conformi al periodo storico in cui essi si sarebbero venuti a trovare.
Nel nostro quartiere è vissuto anche il segretario generale della Società Teosofica italiana, Roberto Hack, il padre della famosa Margherita Hack, nonché amico del nostro artista. Insieme discutevano spesso di pensieri teosofici, mentre Margherita giocava in giardino con il nipote di Carlo Adolfo.
Dopo la morte l’8 aprile 1923 della moglie Emma, e successivamente, a 20 giorni di distanza, anche della madre Emilie, nei dipinti di Carlo Adolfo si accentua l’inclinazione spirituale.
La sofferenza che ha vissuto Schlatter lo ha avvicinato ancora di più allo studio e alla pratica del misticismo e dello spiritualismo. La Seconda Guerra Mondiale vede la casa del viale dei Mille gravemente danneggiata dai bombardamenti, il pittore riesce a salvarsi ed a salvare anche quasi tutti i suoi dipinti, che aveva deciso di trasferire altrove prima della tragedia.
Nel 1947 Casa Schlatter viene parzialmente ricostruita (crollano il tetto ed il solaio del pian terreno). Rimarrà il punto fermo di tutta la sua vita, fino alla morte, avvenuta il 18 aprile 1958. Una morte silenziosa. La morte di un grandissimo artista che ha lasciato più di trecento opere, tra dipinti stupendi, manoscritti, sculture, incisioni, manufatti artigianali e non ultima, un eredità spirituale.
Schlatter ha lasciato più di trecento opere: dipinti, manoscritti, sculture, incisioni. Nonostante questo la sua eredità è ignota ai più
Mi sono lasciata andare al racconto di una storia che mi ha preso molto. Vi posso assicurare che c’è molto, anzi moltissimo altro da dire e da raccontare e da vedere. Entrare nella casa di Carlo Adolfo è stato per me un privilegio e un onore grandissimo. Conoscere la storia e la vita di un uomo che ha lasciato un tesoro prezioso e bellissimo, che finora è stato visto da pochi… mi sento realmente molto fortunata.
Ringrazio di cuore Alessandra Schlatter, pronipote di Carlo Adolfo, che mi ha aperto le porte della sua Casa. Alessandra ha riportato a nuova luce la casa del grandissimo artista. Adesso è un Bed and Breakfast per amanti dell’arte e della cultura. Un luogo in cui ogni camera è arredata con i dipinti del pittore, un luogo che è sconosciuto alla stragrande maggioranza anche di noi, che viviamo al Campo di Marte.
Casa Schlatter si merita di essere elencata tra i tesori più grandi di questo quartiere. I quadri di Carlo Adolfo che ho avuto il privilegio di vedere mi sono rimasti nel cuore come un porto franco in cui rifugiarsi quando il mondo fuori sembra troppo brutto e caotico. Ci sono altri aspetti della vita di Carlo Adolfo di cui parlerò, naturalmente documentandomi prima con Alessandra, che ringrazio nuovamente.
Mi hai fatto felice Alessandra. Casa Schlatter è una delle cose più belle che abbia visto nella mia vita. Grazie ancora di cuore.
Se a qualcuno può interessare, i testi su cui mi sono documentata, sono, Arte e teosofia a Firenze: il caso Carlo Adolfo Schlatter, Dott.ssa E. Fadda, pubblicato nel volume, Un impero verso Oriente, Università degli studi di Napoli 2013. Inoltre consiglio L’atelier ritrovato, Dott.ssa. F. Franci e Dott. Federico Napoli, Lucia Pugliese editore 2018.
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